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350-379 CANTO II 39

350di ritornare in patria, può mettere in mar la sua nave,
sicché prima degli altri pervenga al suo fato e a la morte.
Dunque, consígliati bene, né d’altri spregiare il consiglio,
o re: da gittar via non mi pare che sia ciò ch’io dico.
Dividi per tribú, per genti, l’esercito, o Atríde,
355sí che tribú e tribú s’assista, parente e parente.
Se tu cosí farai, se ascolto gli Achei ti daranno,
presto conoscerai, fra i duci e fra tutte le genti,
prode chi sia, chi dappoco: ché andremo distinti alla pugna.
Anche vedrai se alla presa di Troia si oppongono i Numi,
360oppur viltà di gente, che ignori il mestier della guerra».
     E a lui queste parole rispose Agamènnone prode:
«Nella parola, davvero, gli Achei tutti superi, o vecchio!
Deh!, Giove padre, e Atena, figliuola di Giove, ed Apollo,
dieci altri pari a te consiglieri nel campo io m’avessi!
365Presto, dico io, la città di Priamo dovrebbe crollare,
da noi presto, dico io, dovrebbe cadere espugnata.
Giove Croníde, invece, dell’ègida re, mi tormenta,
che in mezzo a vane risse mi gitta, ed a vani litigi.
Ché abbiamo, Achille ed io, per una fanciulla, conteso
370con vïolente parole, né io fui secondo all’offesa.
Ma, se concordi ancora saremo, schivare il malanno
Troia piú non potrà, neppure per poco. A banchetto
ora si vada, e poi s’impegni la zuffa. Alla lancia
ciascuno il filo dia, metta bene in assetto lo scudo,
375nutrichi bene i suoi cavalli dal piede veloce,
bene esamini il cocchio, pensando che muove a la pugna.
Perché l’intero dí misurarci dovremo in battaglia,
perché non ci sarà respiro, neppure un momento,
pria che a spartir la furia degli uomini giunga la notte.