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34 ILIADE 200-229

200non è, no, quando molti comandano: un solo il signore,
uno il re sia, quei ch’ebbe dal figlio di Crono lo scettro».
     Cosí, come un sovrano correva pel campo; e di nuovo
la gente in assemblea s’adunò, dalle navi e le tende,
con alta romba, come se il flutto del mare sonante
205sopra una spiaggia grande s’avventa, e il ponto rimbomba.
     Stavano dunque gli altri, restavano fermi ai lor seggi.
Solo Tersíte ancora gracchiava parole importune.
Piena la mente aveva costui di propositi goffi,
per leticare coi re, senza garbo, ma come pur fosse,
210solo ch’ei presumesse che rider potesser gli Argivi.
Era l’uomo piú brutto venuto all’assedio di Troia:
era sbilenco, storto d’un piede, le spalle curvate
indentro, verso il petto: di sopra a le spalle, la testa
sorgeva aguzza, e sopra spuntava una rada peluria.
215Inviso era costui su tutti ad Achille e ad Ulisse,
ch’egli insultava sempre. Ma contro Agamènnone allora
ei con acute grida l’ingiuria avventava; e gli Achivi
erano contro lui già pieni di cruccio e di sdegno.
Esso, con alti strilli, copriva d’ingiurie l’Atríde:
220«Atríde, e di che altro ti lagni? Che altro ti manca?
Son le tue tende piene di bronzo, son piene di donne,
tante, le piú vezzose, che a te date abbiamo per primo
noialtri Achivi, quando cadea qualche rocca nemica.
Forse hai bisogno ancora dell’oro che alcun dei Troiani
225ti porti dalla rocca di Troia, a riscatto del figlio
che io t’avrò condotto legato, o qual sia degli Achivi?
O d’una giovinetta, che tu te la goda in amore,
che te la tenga in disparte per te? Non dovrebbe un sovrano
spingere in tanto abisso di mali i figliuoli d’Acaia!