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18 ILIADE 438-467

Discese anche dal legno veloce la figlia di Crise;
e allora, presso all’ara guidandola, Ulisse lo scaltro,
440la consegnò nelle mani del padre, con queste parole:
«A te mi manda il re di genti Agamènnone, o Crise,
ch’io la tua figlia a te conduca, e una sacra ecatombe
offra ad Apollo, da parte dei Dànai, ché il Nume si plachi,
che tanto pianto e tanti cordogli ora infligge agli Argivi».
     445Detto cosí, nelle mani del padre la diede; e gioendo
quegli sua figlia accolse. Frattanto, le vittime sacre
quelli su l’ara bella ponevano in ordine; quindi
diedero l’acqua alle mani, spartirono i chicchi dell’orzo;
e Crise ambe le mani levò, fece questa preghiera:
450«Odimi, o Dio dall’arco d’argento, signore di Crisa,
tu che di Cilla sacra signore e di Tènedo sei:
se le mie preci udisti pur dianzi, quando io ti pregavo,
e a me rendesti onore, colpísti gli Achei fieramente:
esaudisci la nuova preghiera che adesso ti volgo:
455tieni lontana oramai dai Dànai l’orribile peste».
     Disse cosí pregando: e udí Febo Apollo la prece.
Ora, poi ch’ebber pregato, cosparsi i granelli dell’orzo,
tratte le gole in su, sgozzaron, scoiarono l’ostie,
tagliarono le cosce, le avvolsero d’adipe grasso,
460fattone un doppio strato, minuzzoli sopra di carne
vi posero; indi il vecchio le infuse di fulgido vino
sopra fiammanti legne: garzoni reggevan gli spiedi.
E poi che furon cotte le cosce, e divise l’entragne,
tutte divisero in pezzi le carni, e infilâr sugli spiedi;
465e quando furon cotte a punto, le tolser dal fuoco.
E poi che fu il lavoro cessato, e imbandita la mensa,
qui banchettarono; e niuno restò con la voglia di cibo.