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348-377 CANTO I 15

Ma dai compagni lungi, piangendo, alla spiaggia del mare
sedeva Achille, gli occhi figgendo nel mare infinito;
350e lunghe preci, tese le mani, volgeva a sua madre:
«Madre, poiché sí breve la vita sarà che mi desti,
onore almen concesso m’avesse d’Olimpo il Signore,
Giove che tuona dall’alto! Ma or me ne toglie sin l’ombra,
tanto oltraggiato m’ha l’Atríde Agamènnone, il sire
355possente: il dono mio m’ha preso per forza, e lo gode!»
     Cosí disse piangendo. L’udí la divina sua madre,
che presso il vecchio padre sedea negli abissi del mare,
e dalle spume emerse del pelago, e parve una nebbia;
e presso al figlio suo, che pianto versava, seduta,
360a carezzarlo stese la mano, lo chiamò, gli disse:
«Figlio, che piangi? Che cruccio ti grava su l’anima? Parla,
non lo tenere nascosto: dobbiamo conoscerlo entrambi!».
     E a lei rispose Achille veloce, con gemito lungo:
«Lo sai: perché dovrei narrare a chi sa tutto quanto?
365Iti eravamo alla sacra città d’Evetíone, a Tebe,
e la ponemmo a sacco, recammo ogni preda alle navi.
Con equa legge qui spartirono tutto gli Achivi,
e diedero all’Atríde, per giunta, la figlia di Crise.
E Crise, sacerdote d’Apollo che lungi saetta,
370venne dei prodi Achei loricati di bronzo alle navi,
per riscattare la figlia; e seco infiniti presenti
recava, e nelle mani le bende del Dio che saetta
sopra lo scettro d’oro; e tutti pregava gli Achivi,
e piú di tutti i due figli d’Atrèo, conduttori di genti.
375Tutti gridarono allora gli Achei che prestar si dovesse
al sacerdote onore, gradirne i bellissimi doni:
solo contento non fu dell’Atríde magnanimo il cuore,