110che queste doglie avventa fra loro l’Arciere celeste
perché della figliuola di Crise respinsi il riscatto,
respinsi i doni belli, tener preferíi la fanciulla:
ché piú di Clitennestra, legittima sposa, io la pregio,
ché non val punto meno di lei, di bellezza, di forme, 115d’intelligenza, ed è sperta del pari in ogni opera bella.
Rendere pur tuttavia la voglio, se questo è pel meglio:
ch’io voglio salva, non voglio distrutta veder la mia gente.
Ma un dono tosto a me preparate, ché sol fra gli Argivi
io non rimanga senza compenso: ché ingiusto sarebbe; 120perché tutti vedete qual premio a me adesso s’invola».
E a lui cosí rispose Achille dai piedi veloci:
«Avido piú che niun altri, famoso figliuolo d’Atrèo,
come tal dono offrirti potranno i magnanimi Achivi?
Noi non sappiamo che ancora ci sian molte prede indivise: 125quanto nelle città fu predato, fu tutto spartito,
né tutto accomunare vorranno di nuovo le schiere.
Al Dio tu la fanciulla rendi ora; e compenso gli Achivi
triplice a te daranno, quadruplice, quando la rocca
saccheggeranno, se Giove concederlo voglia, di Troia». 130E a lui queste parole rispose Agamènnone prode:
«Non lusingarti, Achille divino, per quanto sei scaltro,
di superarmi in astuzia, di trarmi convinto all’inganno.
Tu, per tenerti il tuo dono, vorresti davvero che privo
io rimanessi del mio, che al padre rendessi la figlia? 135Dare mi debbono un altro compenso i magnanimi Achivi,
che le mie brame appaghi, che all’altro sia pari di pregio.
Se poi rifiuteranno di darmelo, andrò da me stesso,
e il dono piglierò d’Aiace, oppur quello d’Ulisse,
oppure, Achille, il tuo: potrà sin che vuole adirarsi