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50-79 CANTO I 5

50Prima rivolse la mira sui muli e sui cani veloci,
poi, sugli stessi Achei lanciando amarissimi dardi,
li sterminava; e fitte le pire ardean sempre dei morti.
Ben nove giorni sul campo volaron le frecce del Nume:
a parlamento chiamò nel decimo Achille le genti,
55come ispirato lo aveva la Dea dalle candide braccia,
che si crucciò pei Dànai, perché ne vedea tanto scempio.
Ora, poi che fûr tutti chiamati, fûr tutti raccolti,
surse fra loro Achille dai piedi veloci a parlare:
     «Atríde, ora davvero credo io che di nuovo errabondi
60ritorneremo in patria, se pur fuggiremo la morte,
se peste e guerra insieme si accordano contro gli Achivi.
Su, dunque, interroghiamo, se alcun sacerdote o profeta
o interprete di sogni — ché viene anche il sogno da Giove —
dire ci sappia perché contro noi tanto Febo s’adira,
65se prece inadempiuta lo cruccia, o se forse ecatombe;
e se l’omento pingue di pecore e capre perfette
voglia gradire, e lungi da noi trattenere la peste».
     Dette queste parole, sedeva. E degli àuguri il primo
surse a parlare fra loro, di Tèstore il figlio, Calcante,
70che conosceva gli eventi che furono e sono e saranno,
e sino ad Ilio aveva guidate le navi d’Acaia,
mercè dell’arte sua profetica, dono d’Apollo.
Pensando al loro bene, cosí prese questi a parlare:
«Tu mi comandi, Achille diletto ai Celesti, ch’io dica
75perché l’ira divampa del Nume che lunge saetta;
ed io te lo dirò; ma tu intendimi, e fa’ giuramento
che pronto aiuto a me darai di parole e di mano:
perché s’adirerà, credo io, l’uom che a tutti gli Argivi
comanda, al cui volere si piegano tutti gli Achivi.