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LII PREFAZIONE

semplicemente artista. Ma uno di quegli artisti che non perdono mai il contatto con la realtà, anzi vi si affisano di continuo, e la scrutano giorno per giorno, ora per ora, àttimo per àttimo.

E s’intende che un rapporto con la realtà si potrebbe dimostrare in qualsiasi grande artista. Ma c’è poi somma differenza di grado. Da Pindaro, in cui vediamo il vero sempre da lontano, a grandi masse, e come attraverso un velo di porpora, a Leonardo da Vinci, che pènetra sino agli àtomi le compagini dei corpi.

E tutti, si può dire, i poeti di Grecia inclinano a questa minuta osservazione della natura1; ma nessuno ha le pupille penetranti d’Omero.

Onde, come nelle creazioni della natura vediamo che la struttura delle cellule non diviene piú trascurata, anzi appare tanto piú fine e squisita quanto piú si procede dal grande al piccolo e all’infinitamente piccolo, dalle forme compiute espresse ai corpuscoli germinali: cosí nei poemi d’Omero, quando si badi ai minori e minimi particolari, non si vede punto scemare, anzi, se mai, crescere la cura, l’amore, l’energia creatrice dell’artista.

Questa assoluta perfezione, emula della natura, provocò sempre, credo, l’entusiasmo dei grandi spiriti per i poemi omerici. Anche quando i piccoli critici s’affannavano a respingerli nel regno delle chimere, essi, intuendo la verità, li sentivano documenti sicuri, precisi, vivi, immediati, della misteriosa vita che, svolgendosi per lungo decorso di secoli

  1. Rimando al mio studio Origine ed elementi della commedia d’Aristofane, in Studi italiani di Filologia classica.