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XLVI PREFAZIONE

delle veramente mille e una maniere escogitate dai buròcrati dell’omerismo1.

Senza dubbio, tanto nell’Iliade quanto nell’Odissea, ci sono interpolazioni. Senza dubbio, parte della materia sarà stata già svolta in canti anteriori, e Omero, senza troppi scrupoli, salvo che d’arte, l’avrà accolta nei suoi poemi. Ma tutta la materia dell’Iliade e dell’Odissea ha subíto una completa e perfetta ed unica elaborazione. Tanto nell’insieme, quanto nei particolari, i due poemi rivelano l’assoluta unità artistica. La vera unità essenziale: non fondata sopra materiali concordanze, che qualsiasi gramo compilatore avrebbe saputo conseguire, bensí sopra intime armonie che si rispondono anche a grandi distanze, o anche rimangono nascoste, come, sotto la vaghezza dei tegumenti, il fulcro dello scheletro che li sostiene.

Unità, innanzi tutto, di temperamento. Ne rilevai alcune note molto significative nell’introduzione all’Odissea. Ed altre se ne possono cogliere.

Sarà, per esempio, un certo senso umoristico, che non abbandona mai il poeta, e, se trova pieno sfogo nella pittura della vita olimpica, circola un po’ in tutta l’opera sua2, e balena anche in scene di ferocia e di sangue, illuminandone l’orrore. Cosí, durante la strage dei Proci, l’araldo Medonte si va a rimpiattare sotto un seggio, tirandosi addosso la pelle d’un bove, e sbuca fuori appena lo rassicurano certe parole di Tele-

  1. Inutile insistere in ennesime confutazioni. Di tutte le loro aberrazioni fece giustizia, per sempre, Giuseppe Fraccaroli nel suo libro L’irrazionale nella letteratura.
  2. Silvestro Centofanti nella sua bellissima Storia della letteratura greca, lo sente e lo rileva come bizzarria.