«Su, di cavalli maestri, di Troia guerrier, degli Argivi 440frangete il muro, il fuoco fiammante avventate sui legni!».
Cosí disse; e i guerrieri porgevano pronto l’orecchio,
e sovra il muro tutti piombarono a schiera, e stringendo
l’acuminate lancie, salian sugli spalti. E un gran sasso
Ettore allora ghermí, che stava dinanzi alla porta, 445lo sollevò: grosso era di sotto, ed aguzzo di sopra,
tal che neppure in due di quelli che vivono adesso,
neppure i due piú forti, potrebbero alzarlo dal suolo
sul carro; e senza stento, di Príamo il figlio, da solo
lo palleggiava: Giove leggero per lui lo rendeva. 450Come un pastore suole recare con sola una mano
la pelle d’un montone, ché il peso ben poco lo aggrava:
Ettore al pari di quello recava l’immane macigno,
contro le imposte, che alte, che doppie, sbarravano il varco
solidamente connesse: correvan di dentro due sbarre, 455l’una di contro all’altra: confitto era in ambe un sol perno.
Si fece sotto a quelle, ben salde le gambe allargando,
ché non fallisse il colpo, le còlse nel mezzo. Spezzati
furono i cardini entrambi, con tutto il suo peso il macigno
dentro piombò, mandò la porta alto mugghio, e le sbarre 460non resisterono, a pezzi, qua e là, sotto l’urto del masso,
volarono le imposte. Ed Ettore fulgido, dentro
balzò, che parve notte che piombi; e fulgeva, nel bronzo
ch’esso alle membra cingeva, terribile; e due giavellotti
stringeva in pugno: niuno l’avrebbe potuto frenare, 465tranne un Celeste, quand’egli la porta varcò. Pari a fuoco
ardea negli occhi; e, vòlto, gridava alle turbe troiane