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350-379 CANTO XII 287

     350Disse cosí; né fu ritroso al comando l’araldo:
correndo, s’avviò degli Achei lungo il muro; e ristette
poi che fu giunto presso gli Aiaci, e di súbito disse:
«Aiaci, o degli Achei loricati di bronzo signori,
il figlio di Petèo nutrito da Giove, vi prega
355che andiate lí, per porre riparo, sia pure di poco,
al loro affanno: entrambi sarebbe di certo pel meglio:
ché li sovrasterà ben presto l’estrema rovina:
tanto c’incalzano i capi dei Lici, che pur nel passato
impetuosi tanto lanciavansi ai fieri cimenti.
360Ché poi, se pure lí la zuffa infierisce e il travaglio,
almeno il prode Aiace figliuol di Telàmone venga.
E Teucro insieme venga con lui, gran maestro dell’arco».
     Disse cosí; né sordo fu il gran Telamonio, ma queste
parole alate volse di súbito al figlio d’Ilèo:
365«Aiace, qui voi due, te dico, ed il pro’ Dïomede,
restate, ed eccitate gli Achivi a combatter da prodi;
ed io frattanto andrò laggiú, farò fronte alla guerra,
e poi qui tornerò, quando a quelli avrò dato soccorso».
     E, cosí detto, Aiace figliuol di Telàmone, mosse,
370e Teucro, a lui fratello, ché nacquero entrambi d’un padre,
seco moveva, e Pandíone, che l’arco di Teucro reggeva.
E quando nell’interno movendo, fûr giunti alla torre
di Menestèo, trovarono in dura distretta i compagni:
ché i prenci valorosi che in guerra guidavano i Lici,
375simili a negra procella piombavano contro gli spalti.
Ruppero a lotta gli uni sugli altri; e surse alto il frastuono.
Il Telamonio Aiace qui primo die’ morte ad un prode,
all’animoso Epiclèo, di Sarpèdone sire compagno,
ché lo colpí con un sasso tutto aspro, che presso agli spalti