320la loro forza, quando combatton fra i primi dei Lici. —
E poi, diletto mio, se noi, qui sfuggiti alla morte,
viver potessimo eterni, immuni da morte e vecchiezza,
non mi vedresti allora lanciarmi fra i primi alla pugna,
né te sospingerei nella pugna che onora le genti; 325ma perché, invece, sopra ci stanno la Parche di morte
innumerevoli, e l’uomo schivarle non può, né fuggire,
avanti! E alcuno a noi dia gloria, o da noi la riceva!».
Disse cosí; né sordo fu Glauco, né indietro si trasse.
Mossero entrambi, dei Lici guidando le fitte caterve. 330E Menestèo Petíde li scòrse, ed un gelo lo colse,
ché verso la sua torre moveano, recando il malanno;
e per la torre guardò, se alcuno dei duci vedesse
che dai compagni suoi potesse schermir la sciagura.
Ed ecco, entrambi vide gli Aiaci, mai sazi di guerra, 335saldi sui piedi, e Teucro che usciva lí lí dalla tenda.
Erano presso; ma invano gridava: nessuno l’udiva,
sí grande era il frastuono, fra urli che andavano al cielo,
rombe di scudi e d’elmi criniti percossi e di porte;
ch’erano tutte quante serrate le porte, e dinanzi 340stava il nemico, e tentava di frangerle a forza, e d’entrare.
E súbito ad Aiace mandò messaggero Toòte:
«Muoviti, corri, Toòte divino, ed Aiace qui chiama,
oppure, tutti e due: ché questo sarebbe pel meglio:
ché qui sovrasterà ben presto l’estrema rovina: 345tanto c’incalzano i capi dei Lici, che pur nel passato
impetuosi tanto lanciavansi ai fieri cimenti.
Ché poi, se pure lí la zuffa infierisce e il travaglio,
almeno il prode Aiace figliuol di Telàmone venga,
e Teucro insieme venga con lui, gran maestro dell’arco».