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268 ILIADE 736-765

preci ad Atena e a Giove levando, appiccammo la zuffa.
E appena cominciò la lotta fra Pilî ed Epèi,
io primo uccisi un uomo, Mulío vibratore di lancia,
ed i corsieri gli tolsi dal solido zoccolo. Egli era
740sposo d’Agàmeda bionda, la figlia maggiore d’Augèa,
che tanti farmachi quanti ne nutre la terra, sapeva.
Io lo colpii mentr’egli movea, con la lancia di bronzo.
Giú nella polvere cadde; ed io mi lanciai sul suo carro,
e fra le prime file proruppi. E fuggiron gli Epèi,
745chi qua, chi là, quand’ebbero visto cadere un guerriero
dei cavalieri guida, che primo era ognor nelle zuffe.
Io sopra lor mi lanciai, che sembravo una negra procella,
e ben cinquanta carri predai: due guerrieri prostrati
da me, presso ogni carro, la polvere morser coi denti.
750E d’Attoríone i figli, spenti anche, i Molíoni avrei,
se non li avesse allora salvati Posídone, il Nume,
che dalla zuffa lungi li trasse, nascosti di nebbia.
E qui Giove gran vanto concesse alle genti di Pilo:
ché tanto l’incalzammo traverso la vasta pianura,
755d’uomini strage facendo, facendo bottino dell’armi,
sinché sovra Buprasio ferace di biade, e d’Olène
verso la rupe, i cavalli spingemmo, ove il colle d’Alisio
prende il suo nome: di qui distolse l’esercito Atena.
L’ultimo qui lasciai nemico trafitto; e gli Achei
760via da Buprasio a Pilo guidarono i ratti corsieri,
gl’inni fra i Numi a Giove, fra gli uomini a Nèstore alzando.
Tal fui, se pure io fui, tra gli uomini. Invece il Pelíde
dal suo valore trae vantaggio solo esso. Ma credo
che assai pianger dovrà, quando vegga le schiere distrutte.
765O caro, almeno a te, Menezio pur questo diceva,