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706-735 CANTO XI 267

Tutta la preda cosí dividemmo; e d’intorno alla rocca
celebravamo agli Dei sacrifizi; ma dopo tre giorni
giunsero tutti gli Elèi, gran masse di fanti e corsieri,
con furia grande; e insieme veniano i Molíoni con essi,
710ch’eran tuttora fanciulli, tuttor della guerra inesperti.
V’è la città di Triessa, che sorge su ripido colle,
lungi, sovresso l’Alfeo, di Pilo sabbiosa ai confini.
Mosser su questa, a campo, per brama d’averla distrutta.
Ma quando tutto il piano fu invaso, correndo, di notte,
715Atena giunse a noi d’Olimpo, e ci disse d’armarci,
e radunò la gente di Pilo, che punto svogliata
non era, anzi era piena d’ardore guerresco. E Nelèo
a me non consentí che m’armassi, e i cavalli m’ascose:
ch’io, disse, ancora esperto non ero dell’arte di guerra.
720Eppure, andar distinto potei fra la gente a cavallo,
anche cosí pedone: ché Atena guidava la zuffa.
C’è un fiume, il Minïèo, che l’acque precipita in mare
presso ad Arene; e quivi l’aurora divina attendemmo
coi cavalieri Pilî: giungevano i fanti man mano.
725Di qui, senza piú indugio, poiché cinti fummo dell’armi,
verso il meriggio, d’Alfèo giungemmo alla sacra corrente.
Qui, sacrifici offerti a Giove, il piú forte dei Numi,
e un toro al Dio che scuote la terra, ed un toro all’Alfèo,
ed alla Diva ch’à glauche le ciglia, un’intatta giovenca,
730prendemmo il cibo, via nel campo, disposti per file;
e ci mettemmo, chiuso ciascuno nell’armi, a giacere
presso del fiume ai rivi. Frattanto, i magnanimi Epèi
stavano intorno alla rocca, bramosi d’averla distrutta,
quand’ecco, apparve ad essi un grande apparecchio di guerra:
735ché quando il sole, tutto fulgente, movea su la terra,