Pagina:Iliade (Romagnoli) I.djvu/317

262 ILIADE 557-586

contro sua voglia, ché molto temea per le navi d’Acaia.
Come talvolta un ciuco testardo, nei pressi d’un campo,
ruba la mano ai ragazzi: per quanto gli rompan bastoni
560sopra la schiena, v’entra, distrugge la mèsse profonda:
giú coi bastoni, i ragazzi gli dànno, ma poca è la forza,
e via, quando è già sazio di cibo, lo traggono a stento:
cosí sopra il possente figliuol di Telàmone, Aiace,
in gran folla i Troiani rompeano coi loro alleati,
565in mezzo al grande scudo vibrando le acute zagaglie.
E Aiace, ora la mente volgeva alla furia di guerra,
e si voltava, di nuovo frenava le schiere incalzanti
degl’inimici; poi si dava di nuovo alla fuga,
e tutti quanti lungi tenea dalle rapide navi,
570e fra i Troiani e gli Achivi piantato, pugnava da solo.
E le zagaglie vibrate dal pugno d’audaci guerrieri,
queste, lanciate a gran volo, restavan confitte allo scudo,
e quelle a mezzo, prima di giunger le bianche sue membra,
cadeano a terra, invano bramose di suggere sangue.
     575Dunque, mentre era cosí vessato dai colpi frequenti,
Eurípilo lo vide, d’Evèmone il fulgido figlio,
e stette presso a lui, vibrò contro Apíone, figlio
di Faüsía, pastore di genti, la fulgida lancia
sotto il diaframma, nel fegato; e meno gli venner le gambe.
580Eurípilo su lui balzò, ché predargli voleva
l’armi di dosso; ma come lo vide il divino Alessandro,
ch’egli predava l’armi d’Apísone, súbito l’arco
contro lui tese, e un dardo gl’infisse nel femore destro.
La canna si spezzò, gran doglia pervase la coscia:
585ei fra le schiere indietro si trasse, schivando la morte,
e ai Dànai si volse, levando un altissimo grido: