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XXXII prefazione

quantità di particolari, di fogge, d’armi, di costumi, che nei versi d’Omero sembravano enigmi, e nelle figure dei monumenti micenaiti trovano piena interpretazione1.

Al secondo gruppo appartengono i capolavori: le coppe di Vafio e i pugnali ageminati. Ben distinti, questi e quelle, dall’arte cretese — libera, franca, riflesso diretto della natura — per la precisione dello stile. Stile giunto ad un vertice sommo, e che, superato lo stadio geometrico, compone le linee in intrichi di perfezione assoluta, che, senza recare offesa alle ragioni e alla libertà della vita, dànno all’occhio il medesimo compiacimento d’un perfettissimo ornato.

Di quest’arte cosí matura, già segnata, forse, da una lieve ombra di disfacimento, non troviamo gli equivalenti nella pura arte cretese, che soggiace ad involuzione prima di attingere un vero stile.

Dovremo dunque credere che a tanto magistero pervenissero indipendentemente artisti delle sedi achèe?

Non mi sembra ammissibile. Tanto piú, che gli addentellati con la stilizzazione, che mancano nell’arte cretese, si trovano, massime riguardo ai pugnali, con l’arte egiziana. Nelle finissime opere egiziane di scultura e d’agèmina sono i veri equivalenti di queste opere micenaiche2. Ed anche se non vorremo credere che esse — e specialmente le coppe — provenissero addirittura dall’Egitto, l’ipotesi più probabile sarà

  1. Per esempio, l’elmo che dà Merione ad Ulisse (Iliade, X, 261), appare in una figurina d’avorio di Micene; lo scudo d’Ettore (Iliade, VI, 117 sg.) in uno dei pugnali ageminati; la famosa coppa in cui beve Nestore, e che non riuscivamo quasi a figurarci, è stata ritrovata tal quale. Vedi De Marchi, Gli Elleni, pag. 27 e 28.
  2. Vedi Springer-Ricci, Manuale di storia dell’arte, I, tav. V. Ma se