vantaggio aver potremo: ché Giove che i nugoli aduna
non vuol che nostro sia, bensí dei Troiani, il vantaggio». 320Disse, e dal carro stese giú a terra riverso Timbrèo,
ché lo colpí con la lancia sottessa la mamma sinistra;
e Ulisse il suo scudiere divino, Molíone, trafisse.
Messili fuor dalla pugna, cosí li lasciarono. Ed essi,
piombando fra le turbe, mettevano tutti a tumulto, 325come due fieri cinghiali se investono un branco di cani.
Cosí, tornati indietro, struggeano i Troiani; e gli Achivi
fiato prendeano, che innanzi fuggivano ad Ettore divo.
Due guerrïeri insigni qui presero poscia col carro,
i due figli del re di Pèrcote, Mèrope. L’arti 330di profezia costui ben sapeva; né i figli voleva
che all’omicida guerra movessero; e furono sordi
quelli: ché loro le Parche sospinser di livida morte.
Il vibratore insigne di lancia figliuol di Tidèo,
l’alma e la vita ad essi rapí, depredò l’armi belle. 335E Ippòdamo e Iperòco uccise il figliuol di Laerte.
Qui la battaglia alla pari fra loro tendeva il Croníde,
che contemplava dall’Ida: colpíano, cadeano colpiti.
E con la lancia il Tidíde colpiva nell’anca Agastròfo,
figliuolo di Peone. Non ebbe a sé presso i cavalli, 340l’eroe, sí che fuggire potesse; e qui perse la vita,
ché li reggea lo scudiere lontani dal campo; ed a piedi
ei tra le prime file moveva, sinché cadde spento.
Ma con l’acuto sguardo li vide, e balzò sopra loro
Ettore; e dietro a lui movean dei Troiani le schiere. 345Lo vide, e abbrividí Dïomede campione di guerra,
e tali detti a Ulisse che gli era vicino rivolse: