230ed ei pedone giunse sottesse le mura di Troia.
Ed or moveva contro l’Atríde Agamènnone; e quando
erano già vicini, movendosi l’un contro l’altro,
sbagliò l’Atríde il colpo, da un lato sviandosi l’asta.
Ifidamante il colpo vibrò sotto il cíntolo, al basso 235della corazza, e insisté sul colpo col braccio gagliardo:
né traversò la cintura smagliante, ché pria su l’argento
indietro si piegò, come fosse di piombo, la punta.
E l’afferrò, la tirò di forza Agamènnone prode;
e sovra lui piombando, che parve un leone, di mano 240glie la strappò; poi, sul collo vibrando la spada, l’uccise.
Cosí quei cadde, giacque supino in un sonno di bronzo,
per la sua patria pugnando, lontan dalla fida sua sposa,
ond’ei gioia non ebbe, poiché n’ebbe offerti gran doni:
prima ne die’ cento buoi, poi mille promise di dare 245pecore insieme e buoi, che avea senza numero ai paschi.
Dunque, la vita, qui gli tolse Agamènnone Atríde,
e l’armi belle sue fra le turbe portò degli Achivi.
Ecco, e lo scorse Coóne, preclaro fra gli uomini tutti,
ch’era fratello maggiore d’Antènore; e doglia crudele 250scese a velargli lo sguardo, vedendo il fratello caduto.
Non visto, con la lancia si fe’ d’Agamènnone a fianco,
e a mezzo gli colpí, sotto il gómito, il braccio; e fuor fuori
passò dall’altra parte la punta dell’asta lucente.
L’Atríde, re di genti, fu allora da un brivido invaso. 255Però, neppur cosí desiste’ dalla zuffa: la lancia
strinse, indurita al soffio dei venti, e balzò su Coóne.
Traeva questi, a un pie’ ghermito, il germano fratello
Ifidamante; e tutti chiamava, gridando, i piú prodi;
ma mentre lo traea fra le turbe, di sotto allo scudo