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529-558 CANTO X 239

vibrò sopra i cavalli la sferza, e volarono quelli
530verso le concave navi: ché qui le spingeva la brama.
Nèstore udí per primo lo scalpito, e disse ai compagni:
«O condottieri e re degli Argivi, compagni diletti,
m’inganno, o dico il vero? Ma il cuore mi spinge ch’io parli:
di rapidi corsieri mi batte le orecchie un galoppo.
535Deh!, se di furia cosí Dïomede gagliardo ed Ulisse
qui spingesser dal campo troiano i veloci cavalli!
Ma gran timore in cuore mi regna che questo tumulto
sia di Troiani, e doglie ne soffrano i principi argivi!».
     Ma tutta non finí la parola, che quelli eran giunti.
540E qui, dal carro a terra balzarono; e i principi achivi
li salutaron con strette di mano, con dolci parole;
e Nèstore parlò, cavaliere gerenio, per primo:
«Dimmi, lodato Ulisse, gran vanto d’Acaia, in che modo
questi corsieri aveste? Cacciandovi in mezzo ai Troiani?
545O ve li diede, incontro venendovi, alcuno dei Numi?
Ci sbigottiscono! Proprio somigliano a raggi del sole!
Io coi Troiani sempre mi mescolo, e ben posso dire
ch’io non rimango, per quanto sia vecchio, vicino alle navi:
pur, mai non vidi, idea mai non ebbi di tali corsieri:
550penso che proprio in un Dio vi siate imbattuti, e donati
egli ve l’abbia: ché Giove che i nugoli aduna, ed Atena,
la figlia sua dagli occhi cerulei, v’amano entrambi».
     E Ulisse, a lui, lo scaltro, con queste parole rispose:
«O Nèstore Nelíde, gran vanto di tutti gli Achivi,
555facile a un Dio sarebbe, se vuole, donare cavalli
anche piú belli di questi: ché grande è il potere dei Numi.
Però, questi cavalli di cui tu dimandi, son traci,
venuti or ora; il pro’ Dïomede ne uccise il padrone,