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290-319 CANTO X 231

290Cosí vicina a me rimani, ed assistimi adesso;
e una giovenca, larga di fronte, d’un anno, non doma
immolerò, dall’uomo non tratta finor sotto il giogo
te l’offrirò, poi che d’oro avrò le sue corna cosparse».
     Disser cosí, pregando, né Pallade Atena fu sorda.
295E poi ch’ebber pregata la figlia di Giove possente,
mossero, simili a due leoni, pel buio notturno,
via fra le stragi e i morti, fra l’armi ed il livido sangue.
     Né consentí che a dormire restassero i prodi Troiani,
Ettore, ma chiamò tutti quanti i migliori a raccolta,
300quanti ve n’eran che in guerra guidavan le schiere troiane;
e poi, tutti adunati, propose un accorto consiglio:
«Chi questa impresa affrontare vorrebbe, e recarla ad effetto,
per un gran dono? Tale compenso agli avrà che gli basti.
Un carro io gli darò con due corridori superbi,
305quelli che sian migliori sui rapidi legni d’Acaia,
se alcuno avrà l’ardire, saprà gloria tal procacciarsi,
d’andar presso le navi dal rapido corso, e vedere
se come prima sono guardate le rapide navi,
oppur se, già domati gli Achei dalla nostra vittoria,
310van consigliando fra loro la fuga, né il cuore a lor basta
piú di far guardia, oppressi di grave stanchezza, la notte».
     Cosí diceva; e quelli rimasero muti in silenzio.
V’era nel campo un certo Dolone, figliuolo d’Eumède,
l’araldo pari ai Numi, che avea d’oro e bronzo gran copia.
315Era di misero aspetto costui, ma di piedi veloci,
ed era il solo maschio, con cinque sorelle. Costui
ad Ettore e ai Troiani cosí la parola rivolse:
«Ettore, il cuore mio, lo spirito prode mi spinge
ch’io degli Achivi presso le navi mi rechi, ed esplori;