20che lungi il mal tenere potesse da tutti gli Argivi.
Sopra il giaciglio, dunque, seduto, s’avvolse nel manto,
sotto i pie’ svelti strinse coi lacci i suoi sandali belli,
il vello cinse poi d’un fulvido fosco leone,
grande, che sino ai pie’ scendeva; e impugnò la zagaglia. 25E anch’esso Menelao, del pari era in preda al terrore —
e a lui neppur disceso sui cigli era il sonno — che male
non incogliesse agli Argivi che a Troia, alla guerra crudele,
eran, per sua cagione, fra tante e tante onde venuti.
Su l’ampie spalle prima si cinse la pelle d’un pardo 30multicolore; e poi, sul capo la bronzea celata
alzò, se l’adattò, strinse l’asta nel pugno massiccio,
e suo fratello a destare si mosse, che sopra gli Argivi
tutti tendeva lo scettro, al pari dei Numi onorato.
E lo trovò, mentr’egli, vicino alla poppa del legno, 35le belle armi cingeva. Fu lieto, vedendo il fratello;
e primo favellò Menelao, prode all’urlo di guerra:
«Perché t’armi cosí, diletto? Qualcun dei compagni
vuoi tu spedir, che spii le genti troiane? Ma temo,
assai temo, che niuno vorrà sobbarcarsi all’impresa 40d’andar solo soletto, nel buio notturno, a spiare
fra la nemica gente. Che intrepido cuore sarebbe!».
E a lui queste parole rispose Agamènnone prode:
«Or c’è bisogno per me, per te, d’uno scaltro consiglio,
o Menelao divino, che possa schermire e far salvi 45legni ed Achei: perché mutata è la mente di Giove:
d’Ettore egli or gradisce le offerte assai più che le nostre:
ché io non vidi mai, né udii chi l’avesse veduto,
che un uomo solo tanti prodigi in un giorno compiesse,
quanti ne compie, contro gli Achivi, il diletto di Giove