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XXVIII | prefazione |
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Questa è l’intelaiatura storica sulla quale bisogna distendere l’arazzo dei poemi omerici, per vederne le figure spiegate, intere e nella giusta luce.
Ma poi, possiamo integrare molte linee, ravvivare molti colori sbiaditi pel tempo, col sussidio dei monumenti figurati.
Se non che, anche qui sorge súbito un nuovo problema.
Tutti i monumenti figurati dell’antichità mediterranea preellenica, si dividono naturalmente in tre gruppi. Gli orientaleggianti, quelli di stile geometrico (detti del Dípylon), e i cretesi-micenei.
E a ciascuno di questi gruppi furono infatti ravvicinati i poemi omerici.
Il Paulsen ha scritto un libro, oramai famoso, per dimostrare che Omero è sotto una piena influenza orientale, fenicia, e che fra le sue pitture e il mondo micenaico esiste assoluto contrasto1. Ma se grande è la sua dottrina e acuto il suo ingegno, il suo occhio non mi sembra troppo felice, né convincenti i suoi ravvicinamenti. Del resto la sua tèsi non ha quasi piú séguito.
Altri — per esempio il Wilamowitz2, — dà la preferenza all’arte geometrica. E certo non è da negare assolutamente che possa intercedere qualche rapporto fra i poemi d’Omero e le pitture del Dípylon. Ma nel senso che queste abbiano tolto