Pagina:Iliade (Romagnoli) I.djvu/263

208 ILIADE 379-408

e cento porte vi sono, varcare duecento guerrieri
380possono sotto ciascuna, guidando i cavalli ed i carri;
se me ne desse quant’è la polve o l’arena del mare,
neppur cosí l’Atríde potrebbe piegare il mio cuore,
se pria tutto non lava l’oltraggio che il cuore mi cruccia.
Sposa la figlia avere non vo’ d’Agamènnone Atríde,
385neppur se di bellezza dovesse emulare Afrodite,
neppur se sperta fosse nell’opere al pari d’Atena,
non la vorrei sposare neppure cosí. Fra gli Achivi
scelga qualche altro che piú gli convenga, che piú sia possente;
perché, se salvo i Numi mi vogliono, e in patria io ritorno,
390bene saprà Pelèo cercarmi da solo una sposa.
Molte fanciulle sono d’Achivi, per l’Ellade e in Ftia,
figlie di principi prodi, che sono presidio alle rocche:
quella ch’io bramo di queste, farò mia fedele consorte.
E molto a questo il cuore mio forte nel seno mi spinge,
395ch’io lí mi scelga, adatta per me, la legittima sposa,
e le dovizie mi goda raccolte dal vecchio Pelèo.
Perché la vita mia non posson pagar quanti beni
ebbe, raccontano, un di’, la città popolosa di Troia,
quando era pace, avanti che quivi giungesser gli Achivi,
400non quanti in sé ne chiude la soglia pietrosa del Nume
saettatore Apollo, nei clivi rocciosi di Pito.
Poiché predare bovi si possono, e floride greggi,
tripodi puoi conquistare, cavalli di bionda cervice;
ma che ritorni d’un uomo lo spirito, quando la cerchia
405lasciò dei denti, cosa non è che si predi o s’acquisti.
E Tèti a me lo disse dai piedi d’argento, mia madre,
che me duplice fato conduce alla fine mortale:
se qui resto, se intorno combatto alle mura di Troia,