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170-199 CANTO IX 201

170e degli araldi, con sé conducano Euríbate e Odío.
Acqua ora date alle mani, si faccia silenzio d’intorno,
sí che la prece si levi, se mai ci commiseri, a Giove».
     Cosí diceva; e a tutti sembrarono saggi i suoi detti.
Súbito poscia gli araldi versarono l’acqua alle mani,
175empierono i cratèri di vin sino all’orlo i valletti;
e poi, libato, a tutti partirono il vin nelle coppe.
E poi ch’ebber libato, bevuto ciascuno a sua brama,
fuor dalla tenda usciron del sire di popoli Atríde,
e assai consigli ad essi die’ Nèstore, il sire Nelíde,
180con gli occhi a questo e a quello volgendosi, e massime a Ulisse
come potessero fare convinto il figliuol di Pelèo.
Mossero dunque lungo la spiaggia del mare sonante,
preci a Nettuno volgendo, che facile ad essi rendesse
piegar l’altero spirto del prode nipote d’Eàco.
185Giunti alla tenda cosí dei Mirmídoni presso, e alle navi,
l’eroe trovâr, che il cuore molcía con la cetera arguta
adorna bella, e un giogo d’argento stringeva i due bracci:
l’ebbe allorché la rocca d’Etíone espugnò, tra le prede.
Gesta d’eroi cantava, molciva con esse il suo cuore.
190Pàtroclo solo, a lui d’accanto sedeva in silenzio,
ed attendeva quando smettesse il Pelíde il suo canto.
Quelli si fecero avanti, guidandoli Ulisse divino,
stettero a lui dinanzi. Balzò su, stupito, il Pelíde,
Pàtroclo anch’egli si alzò, come vide quegli uomini; e ad essi
195volse un saluto, e disse Achille veloce: «Salvete!
Diletti a me giungete, per cruccio ch’io m’abbia: mi siete
cari su tutti gli Achei. Che grande bisogno vi spinge?».
     E, cosí detto, Achille divino li fece avanzare,
posare sopra i seggi li fece, e i purpurei tappeti.