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184 ILIADE 310-339

320dritto su Teucro mosse, ché il cuor gli dicea di colpíre.
Dalla faretra quegli fuor tratta un’amara saetta,
posta l’aveva sul nervo; ma mentre tendeva la corda,
Ettore gli colpí la clavicola, ov’essa divide
dal collo il petto; ed è sovra ogni altro mortale quel punto.
325Qui lo colpí, mentr’egli mirava, con l’aspro macigno,
e gli spezzò la corda. La man cadde inerte sul polso:
sopra i ginocchi piombò, dalla mano gli cadde giú l’arco.
Ma non lasciò senza aiuto Aiace il fratello caduto:
corse, gli stette d’intorno, riparo gli fe’ dello scudo.
330E lui, fattisi presso, sostenner due fidi compagni,
d’Èchio il diletto figlio, Mecísto, ed Alàstore divo;
e lo portaron, che grave gemeva, alle concave navi.
     E nuovo allora infuse furore l’Olimpio ai Troiani,
che dritto spinser verso la fossa profonda gli Achivi.
335Ed Ettore moveva fra i primi, raggiante di forze.
Come allorquando un cane dai piedi veloci persegue
apro selvaggio o leone, tentando addentargli di dietro
le cluni, o i fianchi, attento se dietro si volga: del pari
Ettore al corso incalzava gli Achei dalle floride chiome,
340l’ultimo sempre uccidendo. Fuggivano quelli, sgomenti;
e poi che furon giunti di là dalla fossa e dai pali,
e dei Troiani sotto le mani ne caddero molti,
stettero alfine lí, si raccolsero presso le navi,
e l’uno all’altro dava coraggio; ed a tutti i Celesti
345alte levando le mani, ciascuno facea lunga prece;
ed Ettore qua e là volgeva i chiomati cavalli,
e della Gòrgone aveva l’aspetto, e di Marte omicida.
     Era n’ebbe pietà, la Dea dalle candide braccia;
ed ecco, queste alate parole ad Atena rivolse: