20ed attaccatevi ad essa, voi Dei tutti quanti, e voi Dive;
ma non potrete giú tirare dal cielo a la terra,
Giove, il piú saggio dei Numi, per quanto pur voi v’affanniate.
Se poi di buona voglia anch’io mi mettessi a tirare,
su vi potrei tirare con tutta la terra ed il mare; 25poi legherei la fune d’intorno a un ronchione d’Olimpo,
e resterebbe cosí tutto quanto sospeso nell’aria:
tanto io sono piú forte di tutti i mortali e i Celesti».
Cosí diceva; e niuno parlò, ché rimasero muti,
stupiti ai detti suoi, che furono proprio gagliardi. 30Pure, alla fine, parlò la Diva dagli occhi azzurrini:
«O padre nostro, figlio di Crono, che imperi su tutto,
ciascun di noi lo sa, che a niuno si piega tua possa;
ma, tuttavia, pietà mi stringe dei Dànai guerrieri,
che, la lor triste sorte compiendo, s’avviano a morte. 35Noi dalla guerra, come c’imponi, staremo lontani:
solo qualche consiglio che giovi daremo agli Achivi,
perché tutti, per l’ira che t'arde, non restino spenti».
E a lei, ridendo, Giove che i nugoli aduna, rispose:
«O Tritogenia, figlia diletta, fa’ cuore: non parlo 40con volontario cruccio; ma teco voglio essere mite».
Disse. E al suo carro aggiogò due corsieri dai piedi di bronzo,
rapidi al volo; e d’oro, su alto, ondeggiavano i crini;
ed egli stesso, d’oro le membra recinse, la sferza
bella impugnò, foggiata nell’oro, salí sul suo carro, 45sopra i corsieri, e vibrò la sferza; né furono quelli
tardi a volare, in mezzo fra il cielo stellato e la terra.
E giunse all’Ida irrigua di fonti, nutrice di fiere,
dove sul Gàrgaro a lui si leva un sacrario ed un’ara
fumida. Quivi i corsieri, degli uomini il padre e dei Numi