Pagina:Iliade (Romagnoli) I.djvu/21

XXII PREFAZIONE

E ciascun gruppo fonda la sua rocca, dove ciascun signore vive a sé, in contrasto con tutti e con ciascuno. E tra gli uni e gli altri è un succedersi continuo di guerriglie, e un annodarsi d’alleanze per opporsi a qualche nuovo invasore, e per condurre a compimento qualche impresa di comune vantaggio: sfruttamento economico del Mar Nero (Argonauti): liberazione del paese dalle fiere (Cinghiale calidonio)1.

Della vita di questi Achei possediamo una impareggiabile descrizione nei poemi d’Omero, e massime nell’Iliade. E qui sarebbe fuor di luogo una scarna replica. Tuttavia non sarà inutile rilevarne alcuni principalissimi tratti, desunti, non solo dai poemi, bensí anche da altri documenti antichi.

E sommamente caratteristiche, quasi epigrafiche, sono le parole che Ulisse rivolge ad Agamènnone: «Noi siamo — egli dice (Iliade, XIV) —

destinati da Giove

sin da fanciulli, a penare nel duro travaglio di guerra
sino a vecchiaia, sinché ciascuno di noi cada spento.

Ma in realtà, non era destino, era vocazione. Gli Achei erano tali quale Ulisse descrive sé stesso nell’infinto suo racconto al porcaro (Odissea, XIV):

Caro il lavoro non m’era,

né custodire i miei bovi per darne agiatezza ai miei figli,
bensí le navi sempre dilette mi furono, e i remi
e le battaglie, e le lisce librate zagaglie, e le frecce,
tutti gli arnesi di morte che sono per gli altri odiosi.

  1. A chi trovasse strana l’importanza attribuita dal mito ad una caccia si ricordi l’importanza che avevano le battute dei nobili nel Medio Evo (Taine, Origines). Un parallelo interessante, anche per minute coincidenze, è offerto dalla caccia data nel 1765 ad un terribile lupo dell’Alvernia (vedi l’articolo La bestia del Geroudan in «Domenica del Corriere» 18 maggio 1924).