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288-307 CANTO VI 143

li avea su l’ampio gorgo recati del pelago, quando
Elena in Ilio, la bella di Giove figliuola condusse.
290Ecuba uno di questi trascelse, e l’offerse ad Atena,
quello ch’era piú bello, piú vario di tinte, piú grande,
fulgido come un astro, riposto, per ultimo, in fondo:
quindi si mosse, e insieme moveano con lei le matrone.
Or, quando giunsero al tempio d’Atena, sovressa la rocca,
295schiuse le porte ad esse Teàno, la figlia di Cisse,
la sposa guancia bella d’Antènore, il pro’ cavaliere,
ché aveano lei prescelta d’Atena ministra i Troiani.
Tutte con alte grida rivolser le mani ad Atena:
quindi, preso il bel peplo, Teàno dal viso leggiadro,
300sulle ginocchia d’Atena dal fulgido crin lo depose,
ed invocò, scongiurando, la figlia di Giove possente:
«O somma Atena, o Dea fra le Dee, che la rocca proteggi,
a Dïomede spezza la lancia nel pugno, e lui stesso
fa’ che bocconi procomba dinanzi alle porte Sceèe:
305e dodici giovenche verremo a immolar nel tuo tempio,
candide, al giogo non dome, qualora a pietà tu ti muova
della città, delle spose troiane, dei teneri figli».
     Disse; ma Pallade Atena il capo in su volse, a diniego.
     Queste preghiere dunque volgeano alla figlia di Giove.
310Ettore intanto alla casa movea del divino Alessandro,
bella, ch’ei stesso aveva costrutta con quanti a quel tempo
sperti maestri di mura contava la fertile Troia.
E avevano costrutta la casa la sala ed il letto
presso alle case di Priamo e d’Ettore, in cima alla rocca.
315Ettore quivi giunse diletto ai Celesti; e la lancia
d’undici cubiti in pugno stringeva: la cuspide in vetta
lampi mandava di bronzo, cingevala d’oro un anello.