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136 ILIADE 79-107

siete dovunque si pugna, per opra di senno e di mano,
80fate argine, correte da tutte le parti, le turbe
lungi tenete dai valli, che, in fuga, alle femmine in braccio
non debban mai piombare, dar grande sollazzo ai nemici!
Poi, quando tutte abbiate frenate, animate le schiere,
noi, rimanendo qui, sosterremo coi Dànai la pugna,
85e sia pur dura prova: ché forza è suprema. E tu, torna
Ettore, alla città; e quivi, di’ ciò ch’io ti dico
a nostra madre: ch’essa, raccolte le bianche matrone,
sopra la rocca, nel tempio d’Atena dagli occhi azzurrini,
con la sua chiave schiuda le porte del santo recesso,
90e nella reggia un peplo trascelto, il piú bello di tutti,
quello che piú leggiadro le sembri, il piú caro al suo cuore,
su le ginocchia lo ponga d’Atena dal fulgido crine;
e dodici giovenche prometta immolar nel suo tempio,
candide, ancor non dome, sí ch’ella a pietà si commuova
95della città, delle spose troiane, dei pargoli infanti,
e dalla sacra Troia lontano il figliuol di Tidèo
tenga, il selvaggio guerriero, di morte il possente ministro,
il piú gagliardo, io penso, fra quanti combattono Achivi.
Neppure Achille, sire di genti, è cosí temerario,
100ch’è d’una Dea pur figlio, si dice. Ma troppa è la furia
del figlio di Tidèo; né alcuno può stargli di contro».
     Disse cosí. Senza indugio seguí del germano i consigli
Ettore. Strette l’armi, balzò giú dal cocchio; e, vibrando
le due zagaglie acute, correva per tutte le file,
105e li spronava alla zuffa, destava la mischia feroce.
Volsero quelli la fronte, ristetter dinanzi agli Achivi:
questi cederono il campo, sospesero l’opra di morte,