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839-868 CANTO V 127

di quel pazzo, di quel gran malanno, di quel voltafaccia,
830che, pur dïanzi, a me promise e a Giunone, che guerra
egli farebbe ai Troiani, darebbe soccorso agli Argivi:
e coi Troiani, invece, pugna ora, ed ha tutto scordato!».
     E, cosí detto, cacciò dal carro giú Stenelo a tèrra,
che con la mano indietro lo trasse; ed ei subito scese;
835e sopra il carro salí, vicina al figliuol di Tidèo,
ansia di pugne, la Dea. Cigolava alto l’asse di faggio,
al peso: ché un eroe portava, e una Diva tremenda.
Essa i corsieri avventò solidunguli prima su Marte.
L’armi al piú prode campione d’Etolia stava egli predando,
840a Perifante, immane d’Ocesio bellissimo figlio.
Marte cruento lo stava spogliando. Ed Atena si cinse
l’elmo d’Averno, che lei rendesse invisibile a Marte.
Or, come questi vide venire il divino Tidíde,
quivi disteso a terra lasciò Perifante gigante,
845dov’ei l’aveva ucciso, gli aveva levata la vita,
e al figlio di Tidèo, domator di cavalli, si volse.
E quando l’un su l’altro movendo, già eran vicini,
Marte per primo, sopra le redini e il giogo proteso,
scagliò l’asta di bronzo, bramoso di tòrgli la vita.
850Ma lo ghermí con la mano la Diva dagli occhi azzurrini,
e sotto il carro lo spinse, ché vano sortisse il suo volo.
Secondo, poi, lanciò Dïomede, fiero urlo di guerra,
l’asta di bronzo; e la spinse la Diva, figliuola di Giove,
verso l’estremo ventre, dov’era aggirata una fascia.
855Qui lo colpí la Dea, lo ferí, lacerò la sua cute,
e l’asta ancora svelse. Un urlo die’ il bronzeo Marte,
qual novemila, o vuoi diecimila guerrieri a battaglia
levano insieme, quando s’appicca la zuffa di guerra.