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589-618 CANTO V 119

balzò con alte grida. Seguían dei Troiani le schiere:
590le precedeva Enïò divina con Marte guerriero:
quella recava seco Tumulto, l’orrendo guerriero
Marte vibrava in pugno l’immane sua lancia di guerra,
ed ora innanzi, ed ora movea dietro d’Ettore ai passi.
     Lo vide, abbrividí Dïomede, fiero urlo di guerra.
595E come un uomo, quando viaggia in un’ampia pianura
esita innanzi a un fiume che rapido al pelago corre,
vedendo la sua spuma che mormora; e il passo ritorce:
tale il Tidíde indietro si fece, e si volse alle turbe:
«Amici miei, davvero dobbiamo stupire che prode
600Ettore divo sia, che tanto egli valga in battaglia!
Sempre un Celeste presso gli sta, che tien lungi il malanno:
vicino Marte adesso gli sta, con sembianze mortali.
Su via, col viso sempre rivolto ai Troiani, cedete,
e non vi piaccia usare la forza a combattere i Numi!».
     605Parlò cosí: piú presso si fecero ad essi i Troiani.
E quivi Ettore uccise due prodi campioni di guerra,
Anchíalo e Menète, che stavano sopra un sol carro.
Di loro ebbe pietà, quando caddero, il gran Telamonio,
e si piantò presso a loro, vibrando la fulgida lancia,
610ed il figliuolo colpí di Sèlago, Anfíone, che in Pèso
dimora aveva, ricco di beni e di messi: la Parca
quivi, in soccorso di Priamo, dei figli di Priamo, l’addusse.
Aiace lo colpí, figliuol di Telàmone, al cinto,
l’asta dall’ombra lunga s’infisse nell’imo del ventre.
615Diede un rimbombo cadendo. Gli fu sopra il fulgido Aiace,
per depredare l’armi; ma l’aste avventaron su lui
lucide, acute, i Troiani: assai ne sostenne lo scudo.
Ed ei, piantato il piede sul corpo al cadavere, fuori