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469-498 CANTO V 115

E ad Ettore qui volse Sarpèdone, questa rampogna:
470«Ettore, dove svanita la furia che pria t’animava?
Dicevi pur che tu, senza genti o alleati, potevi
coi tuoi fratelli e i tuoi cognati difender la rocca:
e adesso, io qui nessuno di loro distinguo o ravviso:
stan rimpiattati, a guisa di cani dinanzi a un leone.
475Ma combattiamo noi che qui siam venuti alleati:
io, per pugnare al tuo fianco, son giunto da molto lontano,
perché lontana molto, del Xanto sui vortici, è Licia,
dove lasciai la sposa mia cara ed il pargolo figlio,
e assai ricchezze, quante ne brama chi nulla possiede:
480e pure, a guerra io spingo le schiere dei Lici, e m’azzuffo
a faccia a faccia io stesso, per quanto non abbia io qui nulla,
che possano gli Achei rubarmelo, farne lor preda.
Tu fermo invece stai, né inciti gli altri Troiani
che stiano, che combattano a pro’ delle spose. Badate
485che, come entro le maglie di rete fittissima presi,
non diveniate preda, cattura dei vostri nemici,
ché presto espugneranno la vostra città popolosa.
Pensare a tutto ciò dovresti di notte e di giorno,
degli alleati tuoi famosi pregando i signori
490che tengan sempre duro. Cosí schiverai la rampogna».
     Questo il signor dei Lici, Sarpèdone disse; e i suoi detti
morsero d’Ettore il cuore. Dal carro balzò tosto a terra,
e palleggiando due zagaglie, correva pel campo
tutto, eccitando alla pugna, destando l’orribile zuffa.
495Onde i Troiani si volsero, e tennero duro agli Achei.
E fermi stetter tutti gli Achei, né l’invase sgomento.
Come per l’aie sacre trascinano i venti la pula,
quando si vèntila il grano, nei dí che Demètra la bionda