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prefazione xvii

mondo antico, dalla Siria al Basso Egitto, a Cipro, a Tenedo, a Rodi, a Citera, a Taso, alla Sicilia, all’Iberia. E non già semplici importatori, come suole dipingerli una moderna opinione convenzionale; bensí creatori. Basta leggere Omero senza prevenzioni. Essi maestri della navigazione, della costruzione in legno, della tessitura, della tintoria; essi sfruttano le miniere, osservano primi l’Orsa, inventano l’alfabeto, sanno di aritmetica e di geometria. A quanto dice Posidonio, Moco, filosofo di Sidone, già prima della guerra di Troia, aveva concepita una dottrina atomistica.1.

Vero è che già da molto tempo la critica aveva sollevate parecchie obiezioni, e tutt’altro che infondate, contro queste origini fenicie, e, dunque, semitiche, della civiltà greca. Ma tutte sembrerebbero adesso risolute da una teoria già balenata al Renan2, e ripresa ora, con gran sussidio di testimonianze, da Hugues Vincent, e seguita e sviluppata dall’Autran (nelle opere citate).

Sulla terra di Canaan, in un periodo remotissimo, dal 3000 al 2500 circa, vegeta una civiltà primordiale, riflessa da una miserrima industria. Dal 2500 in poi, sopravvengono popolazioni affini di razza, di costume, e forse anche di lingua, a tutte le altre che vedemmo discendere sulle coste dell’Asia Minore; e pervengono ad un altissimo grado di civiltà e d’influssi. Sono i Fenici d’Omero. Dopo una brillante egemonia, lentamente decadono, sinché giungono altre popolazioni, se-

  1. Strabone, XVI, C. 757. Εἰ δὲ δεῖ Ποσειδωνίῳ πιστεῦσαι, καὶ τὸ περὶ τῶν ἀτομων δόγμα παλαιόν ἐστιν ἀνδρὸς Σιδωνίου Μώχου πρὸ τῶν Τροικῶν κρόνων γεγονότος.
  2. Histoire générale des langues semitiques, I, 46: «Le nom de Phéniciens couvrait en réalité des migrations des peuplades joniennes vers l’Occident».