140abbandonate, e l’una sull’altra s’addossano fitte;
e poi l’avida belva precipita fuor dall’ovile:
tal Dïomede piombò furibondo nel mezzo ai Troiani.
Astinoo quivi uccise, e Ipèrone, sire di genti,
su la mammella questo ferendo con l’asta affilata, 145e all’altro poi colpí la clavicola presso a la spalla,
e netta gli spiccò la spalla dal dorso e dal collo.
E quivi li lasciò, per seguire Políbide e Abante,
d’Euridamante figli, del vecchio indovino di sogni.
E male interpretò, quando essi partirono, i sogni: 150ché Dïomede, il forte guerriero, prostrò l’uno e l’altro.
E contro Xanto, e contro Toóne, di Fènope figli,
mosse: fiorenti entrambi; ma vecchio cadente era il padre,
e non aveva altri figli a cui le sostanze lasciasse.
Qui Dïomede li uccise, la vita soave ad entrambi 155rapí, lasciando al padre cordogli e lamenti di lutto,
ché dalla guerra vivi tornare mai piú non li vide,
e fra remoti parenti divisi gli andarono i beni.
Qui due figliuoli poi di Priamo dardànide colse,
che su lo stesso carro pugnavano, Echèmone e Cromio. 160Come in un bosco un leone, piombando sui bovi pascenti,
d’una giovenca spezza, d’un bue la cervice: del pari
dal carro li abbatté, ché invan reluttarono, entrambi,
con duro urto, il Tidíde; e poi li spogliava dell’armi;
ed i cavalli die’, per portarli alle navi, ai compagni. 165Lo vide allora Enea, mentre egli struggeva le schiere,
e mosse, e si scagliò fra la zuffa e il tumulto dell’aste,
se mai Pàndaro, nume nel volto, trovare potesse.
Ed il gagliardo trovò di Licàone figlio perfetto,
e stette presso lui, gli parlò con veloci parole: