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92 ILIADE 439-468

Essa fra loro gittò la furia che tutti dissenna,
440moltiplicò, fra le turbe movendo, degli uomini il pianto.
     E quando l’una all’altra vicine fûr giunte le schiere,
un cozzo quivi fu di lancie, d’usberghi, di scudi,
di bellicosa furia. Si videro i grandi palvesi
congiungersi nell’urto, levandosi fiero frastuono.
445E di trionfo grida sorgevano insieme, e lamenti
di vincitori e di vinti: di sangue scorreva la terra.
Come allorché, di neve rigonfi, dai vertici alpestri
scendono i fiumi, e la piena dell’acque in un solo ricetto
versano, giú dalle grandi sorgive, in un concavo abisso,
450ed il pastore n’ode, lontano pei monti, la romba:
tali dei combattenti quivi erano il cozzo ed il grido.
     Qui, prima Antíloco uccise di Tàliso il figlio, Echepòlo
prode che, chiuso nell’arme, pugnava fra i primi Troiani:
ché lo colpí sul frontale dell’elmo ondeggiante di crini.
455Si conficcò nella fronte, per l’osso forato, al cervello
giunse la punta di bronzo, fûr gli occhi di tenebre avvolti
e giú, come una torre, piombò nella cruda battaglia.
Lui caduto, afferrò pei p edi piedi piedi Elefènore prode,
di Calcodonte figlio, signor dei magnanimi Abanti;
460e lo traeva lungi dai dardi, per cupida brama
di far súbita preda dell’arme; e fûr brevi i suoi passi.
Ché Agenore lo vide, mentr’ei trascinava il defunto,
e lo colpí con la lancia sul fianco, ché mentre ei moveva
curvo, difeso piú dallo scudo non era, e lo spense.
465L’alma cosí perde’. Su lui di Troiani e d’Achivi
aspra s’accese allora la zuffa: parevano lupi
lanciandosi all’assalto, con l’uomo affrontandosi l’uomo.
     Il Telamonio Aiace ferí qui Simesio, figliuolo