Pagina:Iliade (Romagnoli) I.djvu/138

170-199 CANTO IV 83

170ché subito gli Achei sentiranno desio de la patria —
e a Priamo ed ai Troiani lasciar, che ne menino vanto,
Elena argiva; e tu, senza avere compiuta la gesta;
in Troia giacerai, l’ossa tue marciranno pei campi.
E dire allora ognuno potrà dei superbi Troiani,
175del glorioso re Menelao calpestando la tomba:
— Deh!, che la furia sua su tutti Agamènnone sfoghi
come or, che invano addusse l’esercito qui degli Achivi,
ed alla casa dove’ di nuovo tornare, alla reggia
con le sue navi, qui lasciando il fratel Menelao! — .
180Tutti cosí diranno. Deh!, allora sotterra io già fossi!»
     Ma cosí disse, per fargli coraggio, il buon re Menelao:
«Fa’ cuor, non sgomentare le turbe cosí degli Achivi:
non m’ha l’acuto dardo forata la carne profonda:
schermo dinanzi è stata la lucida cintola, e sotto
185la lamïera, e la fascia temprata dagli abili fabbri».
     E a lui queste parole rivolse Agamènnone sire:
«Deh!, se davvero fosse cosí, mio diletto fratello!
Ché Macaóne potrà medicar la tua piaga, e sovra essa
farmachi porre, che a te leniscan lo spasimo crudo».
     190Poscia, a Taltibio araldo si volse con queste parole:
«Taltibio, chiama qui, come prima tu puoi. Macaóne,
figlio d’Asclepio, del sommo fra i medici tutti, ché veda
il mio fratello, il figlio d’Atrèo, Menelao valoroso,
come qualcuno l’ha saettato, maestro dell’arco,
195troiano o licio: vanto per lui, per noi tutti, cordoglio».
     Cosí disse. L’udí, né fu tardo a ubbidire l’araldo,
e fra le schiere girò degli Achei loricati di bronzo,
a ricercar l’eroe Macaóne. Stava esso nel campo,
e stretti a lui d’attorno i saldi guerrier che da Trica