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che le sembianze assunte avea d’una vecchia cadente,
380sperta a filare la lana, che quando ella a Sparta abitava,
compieva opere belle: diletta era molto al suo cuore.
Tali sembianze assunte, cosí disse dunque Afrodite:
«Vieni con me: ti chiama, ché a casa tu torni, Alessandro:
egli nel talamo già t’aspetta, sul letto tornito,
385fulgido di beltà, coperto di splendide vesti.
Niuno direbbe ch’ei torni da un’aspra tenzone: diresti
che muova al ballo, o sia dal ballo tornato pur ora».
     Cosí disse; e ispirò nel cuor della donna la brama.
E come vide poi della Diva il bellissimo collo,
390il soavissimo seno, fulgenti di luce gli sguardi,
allora sbigottí, parlò, disse queste parole:
«O trista Diva, perché desideri trarmi in inganno?
Piú lunge, in qualche bella città popolosa vuoi forse
condurmi, o della Frigia, o della ridente Meonia,
395se forse anche lí vive qualche uomo diletto al tuo cuore?
Ora che Menelao, prostrato il divino Alessandro,
vuole me, svergognata ch’io sono, alla patria condurre,
tu sei venuta qui, per tendermi ancora l’insidia?
Va’, rimani con lui, del cielo abbandona le sedi,
400i piedi tuoi mai piú non battan le vie dell’Olimpo,
sin ch’egli non ti faccia sua sposa, ti faccia sua schiava.
Io non andrò da lui: sarebbe per me vergognoso
apparecchiargli il letto: coperta d’obbrobrio sarei
dalle Troiane: e infinite già sono le pene ch’io soffro».
     405E a lei cosí rispose, crucciata, la Diva Afrodite:
«Non provocarmi, ch’io, sciagurata, non debba ritrarmi,
e abbandonarti, e quanto finora t’ho amata, odiarti,