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io9-138 CANTO III 63

queste vicine a quelle: sparí quasi tutto il terreno.
110Ed Ettore mandò due messi alla rocca, che presto
recassero le agnelle, chiamassero Priamo al campo.
Ed Agamènnone re mandava l’araldo Taltibio
alle veloci navi, ché quindi recasse un agnello;
né tardo quello fu d’Agamènnone sire al comando.
     115Iride, ad Elena intanto recava la nuova. Ed assunto
di Laodíce aveva l’aspetto: di Priamo figlia
essa era, era consorte del figlio d’Antènore prode,
d’Elicaòne; e tutte vincea le sorelle in bellezza.
E la trovò nella sala. Sedeva dinanzi al telaio,
120e un gran mantello doppio tesseva di porpora; e molte
v’istorïava lotte d’Achivi guerrieri e Troiani,
per lei sotto il dominio di Marte cruento pugnate.
Iri dai pie’ veloci, vicina le stette, e le disse:
«Elena cara, vien qui, le gesta mirabili osserva
125dei cavalieri Troiani, degli Achei dall’armi di bronzo,
che tutti contro tutti finora spartivano in campo
di Marte il grave pianto, bramosi di guerra funesta;
ed ora tutti quanti stan muti, poggiati agli scudi,
le lunghe lancie al suolo confitte. Cessata è la pugna;
130e Menelao, diletto campione di guerra, e Alessandro
combatteranno soli per te, con le lunghe zagaglie;
e chi trionferà, di quello sarai la consorte».
     Disse la Diva; e brama soave le infuse nell’alma
della città, del primo suo sposo, dei suoi genitori.
135Ecco, e le membra avvolte di candida veste di lino,
fuor si lanciò dalla sala, versando gran copia di pianto,
sola non già, ché insieme moveano con lei due fantesche,
Etra, di Pítteo figlia, Climène dall’occhio lucente.