giacea: l’avean gli Achivi lasciato nell’isola santa, 710cruciato dalla piaga che un serpe funesto gl’inferse.
Quivi giaceva nel duolo; ma presto dovevan gli Achivi
presso le navi, al re Filottète rivolger la mente.
Né eran senza duce, per quanto bramassero il duce.
Li comandava Medóne, bastardo figliuol d’Oïlèo: 715che l’ebbe Oïlèo, di città distruttore, dal grembo di Rene.
Quei che abitavano Tricca, e Itòme dai molti dirupi, dirupi, dirupi,
quei che abitavano Ecàlia, la rocca d’Euríto ecalése,
aveano loro duci d’Asclepio i due figli: valenti
medici tutti e due, Podalirio e Macàone. Trenta 720concavi s’eran per essi schierati navigli sul mare.
E quei d’Ormenio, e quelli vicini alla fonte Iperèa,
quelli d’Asterio, quelli sui picchi del bianco Titanio,
avean duce Euripílo, d’Evèmone il fulgido figlio.
Quaranta negre navi seguíto lo avevano a Troia. 725E quei d’Argissa, e quelli che aveano dimora in Girtòna,
e quelli d’Orte, quelli d’Elóne e d’Olossa la bianca,
era di questi duce Polípete saldo alla pugna,
figlio di Piritòo, cui Giove ebbe reso immortale.
Ippodamía la bella concetto l’aveva all’eroe, 730quel giorno ch’egli fece vendetta dei mostri villosi,
e li scacciò dal Pelio, vicini li spinse agli Etíci.
Solo non era al comando. Leonta, rampollo di Marte,
gli era d’accanto, figlio del figlio di Cène, Carone.
Quaranta negre navi seguíti li avevano a Troia. 735Ventidue legni aveva da Cifo condotti Gunèo.
Eran venuti seco gli Eníeni e i prodi Perèbi,
e quei che avean dimora vicino a Dodona la fredda,
e quei che i campi ameni coltivano presso le rive