Nèstore a questi era duce, gerenio signor di corsieri: 590novanta cavi legni per lui si schieravano in mare.
Quanti occupavano, ai pie’ di Cillène, l’eccelsa montagna,
d’Èpito presso alla tomba, l’Arcadia che madre è di genti,
prodi a pugnar faccia a faccia, e quelli d’Orcòmeno, madre
di greggi, e quei di Ripe, di Stratia, d’Enispe ventosa, 595e quei che Mantinèa la bella, e abitavan Tegèa,
e Stínfalo occupavano, aveano dimora in Parrasia:
era Agapènore, figlio d’Ancaio, di questi signore.
Avea sessanta navi: salivano dentro ciascuna
molti campioni d’Arcadia, maestri nell’arte di guerra. 600Aveva dato a loro l’Atríde signore di genti,
per traversare il mare, le navi dai solidi banchi;
poiché gli Arcadi nulla sapean delle cose di mare.
Quelli poi che Buprasio tenevano, e l’Èlide sacra,
per tutta quanta la terra che in mezzo racchiudon fra loro 605la rupe Olenia, Alisio, e Irmína con Mírsino estrema,
aveano quattro duci: seguiti a ciascuno di questi
erano dieci navi: fittissimi v’erano ascesi
gli Epèi guerrieri. Agli uni duci erano Anfímaco e Calpio,
quello di Ctèato, questo figliuolo d’Eurito, nipoti 610d’Àttore entrambi: agli altri duce era il figliuol d’Amarinco,
Dïore prode: guidava Polísseno simile ai Numi
la quarta schiera, il figlio d’Agàrteno, figlio d’Augèa.
E quei che da Dulichio veniano, e dall’isole sacre
Echíne, ch’oltre mare si levano, all’Elide contro, 615era lor duce Mege, che tanto valea quanto Marte,
figliuolo di Filèo, cavaliere diletto ai Celesti,
che un giorno, irato al padre, veniva colono a Dulichio.
Quaranta negre navi seguíto l’avevano ad Ilio.