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v.522 libro terzo 79

Del bellissimo collo, e all’amoroso
Petto, e degli occhi al tremolo baleno
Riconobbe la Dea, coglier sentissi
Di sacro orrore, e ritrovate alfine525
Le parole, sclamò: Trista! e che sono
Queste malizie? Ad alcun’altra forse
Di Meonia o di Frigia alta cittade
Vuoi tu condurmi affascinata in braccio
D’alcun altro tuo caro? Ed or che vinto530
Il suo rival, me d’odio carca a Sparta
E perdonata Menelao radduce,
Sei tu venuta con novelli inganni
Ad impedirlo? E chè non vai tu stessa
A goderti quel vile? Obblía per lui535
L’eterea sede, nè calcar più mai
Dell’Olimpo le vie: statti al suo fianco,
Soffri fedele ogni martello, e il cova
Finchè t’alzi all’onor di moglie o ancella;
Ch’io tornar non vo’ certo (e fòra indegno)540
A sprimacciar di quel codardo il letto,
Argomento di scherno alle troiane
Spose, e a me stessa d’infinito affanno.
   E irata a lei la Dea: Non irritarmi,
Sciagurata! non far ch’io t’abbandoni545
Nel mio disdegno, e tanto io sia costretta
Ad abborrirti alfin quanto t’amai;
E t’amai certo a dismisura. Or io
Negli argolici petti e ne’ troiani
Metterò, se mi tenti, odii sì fieri,550
Che di mal fato perirai tu pure.
   L’alma figlia di Leda a questo dire
Tremò, si chiuse nel suo bianco velo,
E cheta cheta in via si pose, a tutte
Le Troadi celata, e precorreva555