Pagina:Iliade (Monti).djvu/89

78 iliade v.488

Il trapunto guinzaglio che le barbe
Annodava dell’elmo sotto il mento.
E l’avría strascinato, e a lui gran lode490
Venuta ne saría; ma del periglio
Fatta Venere accorta i nodi sciolse
Del bovino guinzaglio, e il vôto elmetto
Seguì la mano del traente Atride.
Aggirollo l’eroe, e fra le gambe495
Lo scagliò degli Achei, che festeggianti
Il raccolsero. Allor di porlo a morte
Risoluto l’Atride, alto coll’asta
Di nuovo l’assalì. Di nuovo accorsa
Lo scampò Citerea, che agevolmente500
Il potè come Diva: lo ravvolse
Di molta nebbia, e fra il soave olezzo
Dei profumati talami il depose.
Ella stessa a chiamar quindi la figlia
Corse di Leda, e la trovò nell’alta505
Torre in bel cerchio di dardanie spose.
Prese il volto e le rughe d’un’antica
Filatrice di lane, che sfiorarne
Ad Elena solea di molte e belle
Nei paterni soggiorni, e sommo amore510
Posto le avea. Nella costei sembianza
La Dea le scosse la nettarea veste,
E vieni, le dicea, vieni; ti chiama
Alessandro che già negli odorati
Talami stassi, e su i trapunti letti515
Tutto risplende di beltà divina
In sì gaio vestir, che lo diresti
Ritornarsi non già dalla battaglia,
Ma invïarsi alla danza, o dalla danza
Riposarsi. Sì disse, e il cor nel seno520
Le commosse. Ma quando all’incarnato