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v.523 libro ventesimoquarto 309

Luce rifulse sul giacente, e ancora
Il suo corpo è incorrotto, ed il vorace
Morso de’ vermi che gli estinti in guerra525
Tutti consuma, il figlio tuo rispetta.
Vero gli è ben che dell’amico intorno
Alla tomba, col sorgere dell’alba,
Spietatamente Achille lo strascina;
Nè per ciò giunge a deturparlo, e quando530
Tu medesmo il vedessi, maraviglia
Ti prenderebbe nel trovarlo tutto
Mondo dal tabo e fresco e rugiadoso,
In ogni parte intégro, e le ferite,
Che molte ei n’ebbe, tutte chiuse. Tanto535
Gl’iddii beati, a cui diletto egli era,
Dell’estinto tuo figlio ebber pensiero.
   Gioinne il vecchio, e replicò: Per certo
Torna in gran bene agl’Immortali offrire
Ogni debito onor, nè il mio figliuolo,540
Finchè si visse, degli Dei gli altari
Dimenticò. Quind’essi alla sua morte
Ricordârsi di lui. Ma tu ricevi,
Deh ricevi da me questo bel nappo;
Custodiscilo, e fausti i sommi Dei,545
Del Pelíde alla tenda m’accompagna.
   Buon vecchio, replicò con un sorriso
L’Argicida, tu tenti l’inesperta
Mia giovinezza, ma la tenti in vano.
Inscio Achille, non fia che doni io prenda.550
Temo il mio duce, e più il rubar; nè voglio
Che guaio me n’incolga. Io scorterotti
Così pur senza doni e di buon grado,
E per terra e per mar, come ti piace,
Anche d’Argo alle rive, nè veruno555
Su te le mani metterà, me duce.