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v.797 libro ventesimoterzo 283

Che in Buprasio gli Epei diero al sepolcro
Il rege Amarincéo, proposti i ludi
Dai regali suoi figli! Ivi nessuno
Nè degli Epei nè de’ medesmi Pilii800
Pari mi stette di valor, nè manco
De’ magnanimi Etóli. Io vinsi al cesto
Il figliuolo d’Enópe Clitoméde,
Alceo Pleurónio nella lotta a cui
M’avea sfidato: superai nel corso805
L’agile Ifíclo, e nel vibrar dell’asta
Polidoro e Filéo. Soli all’equestre
Lizza innanzi m’andâr d’Attore i figli,
Che due contr’un gelosi invidïârmi
Una vittoria d’infinito prezzo.810
Indivisi gemelli, uno reggeva
Sempre sempre i destrier, l’altro di sferza
Li percotea. Tal fui già tempo: or lascio
Siffatte imprese ai giovinetti, e forza
M’è l’obbedire alla feral vecchiezza.815
Ma tra gli eroi fui chiaro anch’io. Tu segui
Del morto amico ad onorar la tomba
Co’ fúnebri certami. Il tuo bel dono
M’è caro, e il prendo. Mi gioisce il core
Al veder che di me, che t’amo, ognora820
Sei memore, e sai quale al mio canuto
Crine si debba dagli Achivi onore:
Di ciò ti dien gli Dei larga mercede.
   Tutta udita di Nestore la lode,
Entrò il Pelíde nella calca, e il duro825
Pugilato propose. Addur si fece
Ed annodar nel circo una gagliarda
Infaticabil mula, a cui già il sesto
Anno fioría, non doma, ed a domarsi
Malagevole: premio al vincitore.830