Del volubile giro che diviso
Da minimo intervallo ognor si volve
Dietro i rapidi passi; iva l’Atride
Sol di tanto discosto allor dal figlio
Di Néstore, quantunque egli da prima665
Fosse rimasto un trar di disco indietro.
Ma dell’agamennónia Eta fu tale
La prestezza e il valor, che tosto il giunse.
E l’avría pure oltrepassato, e fatta
Non dubbia la vittoria, ove più lunga670
Stata si fosse d’ambedue la corsa.
Seguía l’Atride Merïon, preclaro
Scudier d’Idomenéo, distante il tiro
D’una lancia, perchè belli, ma pigri
I corridori egli ebbe, e perchè desso675
Era il men destro nel guidar la biga.
Ultimo ne venía d’Admeto il figlio,
A stento il cocchio traendo, e dinanzi
Cacciandosi i destrieri. Lo compianse,
Come lo vide, Achille, e circondato680
Dagli Achei, profferì queste parole:
Ultimo giunge il più valente. Or via,
Diamgli il premio secondo; egli n’è degno.
Ma il primo al figlio di Tidéo si resti.
Lodâr tutti il decreto, e fra gli applausi685
Degli Achei sull’istante egli donata
La giumenta gli avría, se posta in campo
La sua ragione Antíloco al Pelíde
Non si volgea dicendo: Achille, io teco
Mi corruccio davver, se il tuo disegno690
Metti ad effetto. Perchè un Dio gli offese
I cavalli ed il cocchio, e non gli valse
La sua prodezza, mi vorrai tu dunque
Il mio premio rapir? Chè non pors’egli