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v.255 libro ventesimoterzo 267

E de’ nervi al tessuto innocua fosse255
Dell’igneo Sole la virtute attiva.
   Ma del morto Patróclo il rogo ancora
Non avvampa. Allor prende altro consiglio
Il divo Achille. Trattosi in disparte,
Ai due venti Ponente e Tramontana260
Supplicando, solenni ostie promette,
E in aurea coppa ad ambedue libando,
Di venirne li prega, e intorno al morto
Sì le fiamme animar, che in un momento
Lo si struggano tutto, esso e la pira.265
Udito la veloce Iride il prego,
Ai venti lo recò, che accolti insieme
Nella reggia di Zefiro un festivo
Tenean convito. S’arrestò la Diva
Su la marmorea soglia, e alla sua vista270
Sursero tutti frettolosi: ognuno
A sè chiamolla, ognun le offerse il seggio,
Ma ricusollo la Taumánzia, e disse:
   Di seder non è tempo: alle correnti
Dell’Oceáno ritornar mi deggio275
Nell’etíope terreno ove s’appresta
Agl’Immortali un’ecatombe, e bramo
Ne’ sacrifici aver mia parte io pure.
Ma il Pelíde te, Borea, e te, sonoro
Zefiro, prega di soffiar nel rogo280
Su cui giace di Pátroclo la spoglia
Dagli Achei tutti deplorata, e molte
Vittime ei v’offre, se avvampar lo fate.
   Così detto, disparve; e quei levârsi
Con immenso stridor, densate innanzi285
A sè le nubi. Si sfrenâr soffiando
Sulla marina, sollevaro i flutti,
E di Troia arrivati alla pianura,