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222 iliade v.288

Di nuova strage. Orsù, desisti, o fiero
Prence, e ti basti il mio stupor. - Scamandro
Figlio di Giove, gli rispose Achille,290
Sia che vuoi; ma non io degli spergiuri
Teucri l’eccidio cesserò, se pria
Dentr’Ilio non li chiudo, e corpo a corpo
Non mi cimento con Ettór. Qui deve
Restar privo di vita od esso od io.295
   Sì dicendo, coll’impeto d’un nume
Avventossi ai Troiani. Allor si volse
Xanto ad Apollo: Saettante iddio,
Giove fatto t’avea l’alto comando
Di dar soccorso ai Teucri insin che giunga300
La sera, e il volto della terra adombri.
E tu del padre non adempi il cenno?
   Mentr’egli sì dicea, l’audace Achille
Si scagliò dalla ripa in mezzo al fiume.
Il fiume allor si rabbuffò, gonfiossi,305
Intorbidossi, e furïando sciolse
A tutte l’onde il freno: urtò la stipa
De’ cadaveri opposti, e li respinse,
Mugghiando come tauro, alla pianura,
Servati i vivi ed occultati in seno310
A’ suoi vasti recessi. Orrenda intorno
Al Pelíde ruggía la torbid’onda,
E gli urtava lo scudo impetuosa,
Sì ch’ei fermarsi non potea su i piedi.
A un eccelso e grand’olmo alfin s’apprese315
Colle robuste mani, ma divelta
Dalle radici ruinò la pianta,
Seco trasse la ripa, e coi prostrati
Folti rami la fiera onda rattenne,
E le sponde congiunse come ponte.320
   Fuor balza allor l’eroe dalla vorago,