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v.186 libro ventesimoprimo 219

Intanto il figlio di Peléo brandita
A nuove stragi la gran lancia, assalse
Asteropéo, figliuol di Pelegone,
Di Pelegon cui l’Assio ampio-corrente
Generò Dio commisto a Peribéa,190
D’Acessameno la maggior fanciulla.
A costui si fe’ sopra il grande Achille,
E quei del fiume uscendo ad incontrarlo
Con due lance ne venne. Animo e forza
Gli avea messo nel cor lo Xanto irato195
Pe’ tanti in mezzo alle sue limpid’onde
Giovani prodi dal Pelíde uccisi
Spietatamente. Avvicinati entrambi,
Disse Achille primiero: Chi se’ tu
Ch’osi farmiti incontro, e di che gente?200
Chi m’attenta è figliuol d’un infelice.
   E a lui di Pelegon l’inclita prole:
Magnanimo Pelíde, a che mi chiedi
Del mio lignaggio? Dai remoti campi
Della Peonia qua ne venni (è questo205
Già l’undecimo sole), e alla battaglia
Guido i Peonii dalle lunghe picche.
Del nostro sangue è autor l’Assio di larga
Bellissima corrente, e genitore
Del bellicoso Pelegon. Di questo210
Io nacqui, e basta. Or mano all’armi, o prode.
   All’altere minacce alto solleva
Il divo Achille la pelíaca trave.
Fassi avanti del par con due gran teli
L’ambidestro campione Asteropéo.215
Coglie col primo l’inimico scudo,
Ma nol giunge a forar, chè l’aurea squama
Lo vieta, opra d’un Dio: sfiora coll’altro
Il destro braccio dell’eroe, di nero