Pagina:Iliade (Monti).djvu/550

v.118 libro ventesimoprimo 217

Di quell’Alte che vecchio ai bellicosi
Lelegi impera, e tien suo seggio al fiume
Satnïoente nell’eccelsa Pédaso.120
Di questo ebbe la figlia il re troiano
Fra le molte sue spose, e due nascemmo
Di lei, serbati a insanguinarti il ferro.
E l’un tra i fanti della prima fronte
Già domasti coll’asta, il generoso125
Mio fratel Polidoro, ed or me pure
Ria sorte attende; chè non io già spero,
Poichè nemico mi vi spinse un Dio,
Le tue mani sfuggir. E nondimeno
Nuovo un prego ti porgo, e tu del core130
La via gli schiudi. Non volermi, Achille,
Trucidar: d’uno stesso alvo io non nacqui
Con Ettor che t’ha morto il caro amico.
   Così pregava umíl di Prìamo il figlio;
Ma dispietata la risposta intese.135
   Non parlar, stolto, di riscatto, e taci.
Pria che Patróclo il dì fatal compiesse,
Erami dolce il perdonar de’ Teucri
Alla vita, e di vivi assai ne presi,
Ed assai ne vendetti: ora di quanti140
Fia che ne mandi alle mie mani Iddio,
Nessun da morte scamperà, nessuno
De’ Teucri, e meno del tuo padre i figli.
Muori dunque tu pur. Perchè sì piangi?
Morì Patróclo che miglior ben era.145
E me bello qual vedi e valoroso
E di gran padre nato e di una Diva,
Me pur la morte ad ogni istante aspetta,
E di lancia o di strale un qualcheduno
Anche ad Achille rapirà la vita.150
   Sentì mancarsi le ginocchia e il core