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204 iliade v.357

Irne tosto dovrà, dalle lusinghe
Mal consigliato dell’arciero Apollo.
Insensato! chè nulla incontro a morte
Gli varrà questo Dio. Ma della colpa360
Altrui la pena perchè dee patirla
Quest’innocente, liberal di grati
Doni mai sempre agl’Immortali? Or via
Moviamo in suo soccorso, e s’impedisca
Che il Pelíde l’uccida, e che di Giove365
L’ire risvegli la sua morte. I fati
Decretâr ch’egli viva, onde la stirpe
Di Dárdano non pera interamente,
Di lui che Giove innanzi a quanti figli
Alvo mortal gli partorío, dilesse:370
Perocchè da gran tempo egli la gente
Di Príamo abborre, e su i Troiani omai
D’Enea la forza regnerà con tutti
De’ figli i figli e chi verrà da quelli.
   Pensa tu teco stesso, o re Nettunno,375
Giuno rispose, se sottrarre a morte
Enea si debba, o consentir, malgrado
La sua virtude, che lo domi Achille.
Quanto a Pallade e a me, presenti i numi,
Noi giurammo solenne giuramento380
Di non mai da’ Troiani la ruina
Allontanar, no, s’anco tutta in cenere
Troia cadesse tra le fiamme achee.
   Udito quel parlar, corse per mezzo
Alla mischia e al fragor delle volanti385
Aste Nettunno, e giunto ove d’Enea
E dell’inclito Achille era la pugna,
Una súbita nube intorno agli occhi
Del Pelíde diffuse, e dallo scudo
Del magnanimo Enea svelto il ferrato390