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Ne vide il figlio di Saturno, e tocco
Di pietà scosse il capo, e così disse:
   O sventurati! perchè mai vi demmo
Ad un mortale, al re Peléo, non sendo560
Voi nè a morte soggetti nè a vecchiezza?
Forse perchè partecipi de’ mali
Foste dell’uomo di cui nulla al mondo,
Di quanto in terra ha spiro e moto, eguaglia
L’alta miseria? Ma non fia per certo565
Che da voi sia portato e da quel cocchio
Il Prïámide Ettorre: io nol consento.
E non basta che l’armi ei ne possegga,
E gran vampo ne meni? Or io nel petto
Metterovvi e ne’ piè forza novella,570
Onde fuor della mischia a salvamento
Adduciate alle navi Automedonte.
Ch’io son fermo di far vittorïosi
Per anco i Teucri insin che fino ai legni
Spingan la strage, e il Sol tramonti, e il sacro575
Velo dell’ombre le sembianze asconda.
   Così detto, spirò tale un vigore
Ne’ divini corsier, che dalle chiome
Scossa la polve, in un balen portaro
Fra i Teucri il cocchio e fra gli Achei. Sublime580
Combatteva su questo Automedonte,
Benchè dolente del compagno; e a guisa
D’avoltoio fra timidi volanti
Stimolava i cavalli. Ed or lo vedi
Ratto involarsi dai nemici, ed ora585
Impetuoso ricacciarsi in mezzo,
E le turbe inseguir: ma di lor nullo
Nel suo corso uccidea, chè solo in cocchio
Assalir colla lancia e de’ cavalli
Reggere a un tempo non potea le briglie.590